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Giampaolo Speri: fascino, potenza e tradizione dell’Amarone in Valpolicella

Giampaolo Speri: fascino, potenza e tradizione dell’Amarone in Valpolicella

Amaron” termine dialettale veneto che definisce qualcosa di amaro. Ed è da questo termine, non spregiativo, che prende il nome uno dei vini italiani dal grande appeal: l’Amarone della Valpolicella. Fu un fortunato errore nel 1960, in una cantina di Novare, a dare alla luce tale meraviglia. Un vino laborioso, molto legato alla tradizione ma di fascino moderno che si produce con le uve appassite di Corvina, Corvinone e Rondinella, le stesse con le quali si ottiene il Recioto della Valpolicella, vino dolce della terra veronese conosciuto fin dai tempi dei romani.

Leggenda narra che in questa cantina per errore si prolungò la fermentazione del Recioto trasformando così tutti gli zuccheri ed ottenendo un vino secco, amaro dunque, in opposizione al dolce. In effetti, ci spiega il nostro ospite, il vino se assaggiato al termine della fermentazione è davvero amaro per la grande estrazione di pigmenti, polifenoli e tannini. Ma con l’affinamento avviene la trasformazione in un nettare avvolgente e fascinoso. Voglio proporvelo e raccontarlo attraverso le parole di chi questo vino lo vive ogni giorno, con cura e quell’amore che deriva da una lunga storia di tradizione e valori: Gianpaolo Speri giovane membro della famiglia Speri, simbolo dell’Amarone in Valpolicella.

Conosciamo la famiglia Speri. Siete una colonna portante della Valpolicella. Avete contribuito a rendere prestigiosa la denominazione e non solo. Ci racconta le tappe fondamentali di questo lungo cammino?
Tutto inizia verso i primi del ‘900 quando i miei nonni hanno creduto fortemente in questo territorio ed hanno cominciato ad acquistare terra. Nel secondo dopoguerra, con la caduta della mezzadria, i nobili possidenti furono più propensi a cedere parte dei loro possedimenti e chi ne aveva l’occasione e i mezzi riuscì ad accaparrarsi i lotti con le posizioni migliori, come accadde alla mia famiglia. All’inizio le coltivazioni erano miste: seminativi a fondovalle ed in collina pascoli, ciliegi e viti. Solo verso la fine degli anni 40 il territorio si specializza nella coltivazione della vite e noi con lui.
Ci sono state delle figure chiave nella costruzione della reputazione di cui gode oggi l’azienda?

Ogni generazione ha apportato il proprio contributo, come oggi ancora accade, in una continua trasformazione dell’azienda senza mai dimenticare l’importanza del legame con il nostro territorio. I nonni sicuramente sono stati fondamentali. Loro sono stati gli iniziatori e coloro che tra gli anni ’60 e ’70, quando qui ebbe inizio la vinificazione di massa, si sono dissociati ed hanno iniziato a vinificare i singoli cru sempre nella convinzione che il territorio avrebbe risposto positivamente al loro gesto di rispetto ed amore. Poi hanno continuato i nostri padri che negli anni ’90, quando ci fu l’ennesima rivoluzione moderna per introdurre nuovi sistemi di impianto della vigna più efficienti, hanno difeso e continuato con la pergola veronese, tipica e tradizionale, convinti che l’uva poteva dare in meglio di se in questo modo. La nuova generazione è quella che traghetta la tradizione nella modernità. Oggi l’azienda conta 50 ettari tutti di proprietà, lavoriamo solo le nostre uve, e una piccola parte è destinata alla sperimentazione.

Quanto pesa l’eredità e la responsabilità di tanto prestigio? O meglio: tale importanza, che vi mette sempre sotto gli occhi di tutti, è più un peso o più uno stimolo?
Amiamo considerarci i custodi del sapere e dell’esperienza accumulati in quasi 100 anni di storia. Siamo consapevoli di quanto preziosi siano segreti e tradizioni. Quando siamo in giro per il mondo non nascondo che sia bello essere riconosciuti e ricevere riconoscimenti per la qualità del nostro lavoro e al ruolo di portatori di tale incarico. Ma ci mettiamo sempre in discussione, mai sedersi, e questo ci arricchisce di stimoli nuovi per capire anche quale sarà il futuro migliore per l’azienda… anche se a volte diventa difficile e si vorrebbe tanto avere risposte facili che il più delle volte comportano tempo e sacrificio.

Tre aggettivi per descrivere uno tra i più grandi vini al mondo: l’Amarone della Valpolicella.
Credo che ce ne sia uno che li racchiude tutti: Unico. Unico per la sua origine così radicata a questo territorio, per i suoi vitigni tradizionali. Unico per la tecnica di produzione e cioè l’appassimento con tutto il fascino che essa si porta appresso, quasi un mistero le trasformazioni che l’uva subisce, soprattutto nella evoluzione aromatica. Unico per il territorio della Valpolicella Classica, per i valori che porta con sé, per il suo clima particolare che favorisce l’appassimento e una buona riuscita delle uve stesse grazie al microclima favorito dalla vicinanza del lago di Garda e i dei Monti Lessini che la proteggono. La si potrebbe definire un’oasi mediterranea al centro dell’Italia.

Unico per la sua qualità e la sua potenza alcolica che si fonde nel vino diventando quasi dolce. Unico per la gente che lo produce, per la sua perseveranza e pazienza, per la forza con la quale si apprestano ogni anno a produrre un vino con procedimenti lunghi e delicati. Unico per la sua vita, un vino longevo dal lungo affinamento ma che conserva il frutto e la freschezza.

Ci dice quali caratteristiche deve avere questo vino per essere riconoscibile?
Non deve mai mancare l’aroma della frutta, tipico quello della ciliegia fino all’uva sultanina, sono sentori che devono esserci anche dopo un affinamento lungo. A questo si aggiunge un leggero sentore ossidato legato all’appassimento dell’uva. Grande morbidezza, potenza alcolica ed avvolgenza. Mai un ritorno zuccherino che da morbidezza eccessiva. Acidità, sapidità e maturità che colpisce la bocca. Attenzione all’alcolicità. Per essere equilibrato non deve mai andare oltre i 15-15,5% vol..

Mi piace pensare all’alcol come ad un gigante buono, è una delle componenti maggiori di un vino oltre all’acqua, ma deve essere equilibrato sempre. Noi lavoriamo molto sulla pianta per poter avere un gran risultato poi in cantina, soprattutto durante la fase di appassimento quando evapora l’acqua e resta tutto cioè che l’uva ha accumulato bene durante la fase di crescita… e non solo lo zucchero.

Appassimento. Perché?
È connaturato al vino stesso in questa zona, o meglio al progenitore dell’Amarone che è il Recioto. I vini ottenuti dall’appassimento piacevano molto ai romani che arrivarono a Verona, centro di comunicazione fondamentale all’epoca, e li portarono sulle ricche tavole patrizie. Inoltre l’appassimento era un modo per arricchire di nutrienti il vino quando, in un epoca molto povera, questo era considerato un alimento: alcol e zucchero davano energia.

Una domanda che faccio sempre ai produttori: questo vino è rimasto uguale a se stesso oppure è cambiato nel tempo?
Nel tempo ha subito cambiamenti come tutti i vini. Il primo è stato sicuramente quello legato al contenuto di alcol in un’epoca in cui lo stile era un vino sempre più potente. Negli anni ’80 è arrivata la barrique con la quale molti produttori hanno violentato questo vino stappandolo alla sua storia e alla sua tradizione solo per incontrare il gusto del mercato, ma non è l’Amarone.

Anche noi abbiamo provato la barrique ma non rispecchiava quell’eleganza e quell’armonia legata a tannini morbidi e larghi della corvina, l’impatto con la bocca era meno fine per cui l’abbiamo eliminata. Negli anni ’90 arrivò la tendenza di un vino con un residuo zuccherino elevato che lo rendeva dolciastro ed eccessivamente morbido. Oggi c’è un ritorno alla tradizione, alla struttura equilibrata del vino di una volta e all’uso del legno grande.

Amarone Speri. Zona Classica. Quali sono gli elementi che la caratterizzano e come si esprimono nel vostro vino?
I nostri vigneti sono tutti nella zona Classica anche se in particelle diverse. Quella di Fiumane è tra le aree più “preziose” della Valpolicella. Terra bianca di origine vulcanica con grandi quantità di residui minerali, terreno povero di scheletro ma permeabile e morbido per le radici che vanno più in profondità. La componente vulcanica dona eleganza, mineralità e sapidità che rende il vino molto piacevole; meno strutturato ma molto fine. Altitudine dai 100 ai 350 metri, rese molto basse. Tutto questo lo troviamo nel vino, assolutamente.

Avete scelto un’agricoltura sostenibile. Valore aggiunto o scelta strategica?
Un dovere. Da sempre noi pratichiamo un’agricoltura sostenibile perché siamo consapevoli che il nostro territorio è la nostra ricchezza e va rispettato e salvaguardato per poterlo trasmettere a chi verrà dopo di noi.

Modernità e tradizione. Un equilibrio difficile e necessario…è possibile farne a meno oggi? Cosa è tradizione e cosa modernità nella vostra azienda?
Necessario sicuramente per ottenere un vino di qualità. Anche se siamo molto legati alle nostre tradizioni la sperimentazione è una fase importante nella vita della nostra azienda e la tecnologia è un aiuto prezioso che aiuta a valorizzare quanto fatto prima nel vigneto.

Anteprima 2010. Pregi e difetti.
Il 2010 è stata un’annata favorevole per il territorio della Valpolicella, per cui ci aspettiamo un grande vino.

Vinitaly 2014. Aspettative per l’Amarone Speri.
Il Vinitaly sarà per noi un momento di grande festa come sempre, un momento in cui condividere e consolidare il nostro successo con i nostri collaboratori e quanti vorranno farci visita. Siamo al Padiglione 4 Stand F1.

Pia Martino
io.pia@live.it

 

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